Di seguito l’intervento del presidente della Fondazione Mps, Antonella Mansi, nell’assemblea di Banca Mps del 28 dicembre 2013
Signor Presidente, cari consoci, buon giorno e auguri a tutti. Innanzitutto auguri alla Banca MPS, nel fermo auspicio che continui nell’importante percorso intrapreso, teso alla piena implementazione del Piano di Ristrutturazione recentemente presentato.
Un piano orientato al recupero di produttività ed efficienza, a un ritorno a un livello di profittabilità sostenibile, con un capitale economico e regolamentare pienamente conforme alle esigenze di gestione ed ai requisiti richiesti da Basilea III, e che consenta di tornare presto a produrre valore per tutti i soci.
E auguri ovviamente a tutti i soci della Banca, in particolare – se mi è consentito – alla Fondazione Monte dei Paschi, che condivide con tutti gli azionisti l’interesse al successo del Piano di Ristrutturazione della Banca, del quale l’aumento di capitale costituisce tassello fondamentale.
Fondazione che, al pari degli altri soci che non potranno seguire l’aumento, è interessata a che ne siano in ogni caso minimizzati gli effetti negativi.
Ci fa piacere iniziare l’intervento ringraziando tutto il management e tutti i dipendenti dell’Istituto per il duro lavoro svolto, soprattutto in questo anno molto difficile, che ha messo a dura prova la reputazione e la forza della banca più antica del mondo, che è anche il terzo gruppo bancario italiano.
Comprendiamo la complessità del lavorare in un contesto caratterizzato da forti incertezze, ma i dipendenti, nonostante tutto, hanno ancora una volta dimostrato il loro altissimo senso di responsabilità e di appartenenza alla società.
Lasciateci dire che ancora una volta il valore della “montepaschinità” è stato fondamentale, ed ha consentito alla Banca di superare momenti delicatissimi, soprattutto nella prima parte dell’anno, quando il ciclone mediatico, amplificato dalla campagna elettorale, ha richiesto un enorme sforzo per far capire ai clienti che la Banca MPS era ed è una banca sana e affidabile.
L’obiettivo è stato raggiunto.
Siamo convinti che i frutti di questo duro lavoro stiano già arrivando e che abbiamo davanti un futuro più roseo di quello a tinte fosche che molti dipingono per la Banca e per il nostro territorio.
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Gli attuali organi della Fondazione, insediati da appena tre mesi, si sono trovati subito ad affrontare una situazione particolarmente grave e complicata, su cui peraltro sono state tempestivamente avviate le opportune verifiche tecniche, anche per accertare eventuali profili pregressi di responsabilità.
I Documenti Programmatici, elaborati in tempi molto ristretti, hanno evidenziato con chiarezza la situazione ereditata, gli obiettivi strategici e le conseguenti linee guida da seguire per il loro raggiungimento.
Naturalmente l’obiettivo prioritario è costituito dalla messa in sicurezza e dalla salvaguardia del patrimonio dell’Ente, passaggio essenziale per recuperare la capacità di perseguire gli scopi di utilità sociale, a beneficio del territorio di riferimento.
In questo contesto di estrema complessità, abbiamo dovuto segnalare che l’accelerazione dell’operazione di aumento del capitale avrebbe definitivamente compromesso la possibilità di continuare a farci carico di quelle utilità sociali che sono l’essenza della nostra natura fondazionale.
Questa dichiarata preoccupazione è stata letta dall’autorevole giurista il cui appunto è stato diffuso nel comunicato di Banca MPS della vigilia di Natale, come il “perseguimento di una finalità dichiaratamente ‘egoistica’”. La Fondazione, in quanto socio di riferimento, avrebbe invece – secondo quell’appunto – un preciso dovere, ossia quello di approvare l’aumento di capitale con esecuzione immediata che, secondo quell’impostazione, coinciderebbe con l’interesse generale.
Anche se questo comporterebbe di fatto l’azzeramento del valore della propria partecipazione e conseguentemente del proprio patrimonio.
Se in questo dovesse consistere il nostro dovere, qui dovremmo parlare non di conflitto di interessi, ma semmai di “conflitto di doveri”.
Infatti, proprio perché non siamo un azionista che del proprio denaro può fare quel che vuole, ma siamo piuttosto esponenti dell’organizzazione delle “libertà sociali” come ha detto la Corte Costituzionale, e dobbiamo perseguire scopi di utilità sociale, per noi la tutela dell’integrità del patrimonio non è un “optional” e dunque abbiamo un preciso dovere: quello di assicurarne la sopravvivenza.
Quindi il dovere dell’azionista di riferimento – ammesso (e ne dubitiamo) che un dovere del genere esista – cede comunque il passo all’indiscutibile dovere che abbiamo come amministratori della Fondazione: detto in parole povere, non potete chiederci di fare crollare proprio noi l’edificio che ci è stato affidato dalla legge.
Questa è la ragione del nostro preannunciato voto contrario alla deliberazione di esecuzione immediata dell’aumento di capitale.
L’accelerazione dell’operazione si è rivelata comunque dannosa per l’interesse di tutti gli azionisti e della Fondazione in primis: la forsennata campagna mediatica a cui tutti abbiamo assistito ha colpito duramente il corso del titolo e con esso tutti noi.
Osservatori forse non del tutto neutrali hanno rilanciato continue dettagliate informazioni – ancorché non necessariamente veritiere – non ultimo sulla soglia del cosiddetto prezzo trigger che avrebbe comportato l’escussione dei pegni, facendo partire una simpatica caccia alla volpe decisamente poco sportiva, specie dal punto di vista della volpe. Poco sportiva anche perché, quando si sa in anticipo che la volpe – ossia il principale azionista – non ha i mezzi per seguire l’aumento, la speculazione trova un’esca formidabile, data la quantità di azioni da collocare.
E la speculazione c’è purtroppo stata, con una riduzione del prezzo di oltre il 20% che ha danneggiato inevitabilmente tutti gli azionisti della Banca e che ha portato la Fondazione a richiedere più volte l’intervento della Consob a tutela di tutti gli operatori, al fine di individuare eventuali comportamenti atti a turbare e condizionare il regolare funzionamento dei mercati.
Abbiamo compreso quali sono le ragioni per cui gli Amministratori della banca credono che sia non solo conveniente, ma essenziale per la riuscita dell’aumento di capitale, che questo venga eseguito già a partire da gennaio.
Apprezziamo l’opportuna prudenza degli Amministratori riguardo ai rischi legati al seppur limitato posticipo temporale dell’aumento da noi proposto.
Permetteteci però di notare che si sono tuttavia visti in questi mesi effettuarsi con successo aumenti di capitale di banche di altri Paesi europei in contesti nazionali e di mercato difficili, anche più del caso italiano. Aumenti che avevano elevati target da raggiungere in termini di sottoscrizione da parte del capitale privato, e che hanno comunque trovato consorzi di garanzia pronti a sostenerli.
Andando indietro nel tempo all’ultimo trimestre del 2011, abbiamo visto anche banche e istituzioni finanziarie più piccole della nostra portare a termine aumenti di capitale, per un ammontare comunque superiore alla loro capitalizzazione di borsa, con consorzi di garanzia costituiti per scadenze lunghe, anche dopo le devastanti prime analisi EBA sui fabbisogni di capitale delle banche nazionali e nel bel mezzo della tempesta dello spread BTP-Bund.
E’ quindi veramente molto difficile pensare che il terzo gruppo bancario italiano non riesca a trovare nella seconda finestra, dal maggio 2014, un consorzio di banche in grado di sostenere l’aumento, oltretutto disponendo di una generosa dotazione di commissioni.
E’ ancor più difficile pensare che la realizzazione dell’aumento non sarebbe concretamente più facile se il suo più rilevante azionista, attualmente impossibilitato – come è noto – a seguire l’aumento, avesse nel frattempo realizzato un’importante discesa nella propria quota di partecipazione.
D’altronde, l’indicazione temporale dettata dalla Commissione Europea, che prevede che l’aumento di capitale si chiuda entro il 2014 (e al limite entro il primo trimestre 2015), ha tenuto conto di tali aspetti, privilegiando comunque, nella complessità della situazione contingente, la necessità di individuare le migliori modalità e tempistiche per un positivo completamento dell’operazione per la Banca e per tutti gli stakeholder.
Sono quindi ormai chiari a tutti, come è spiegato nella relazione della Fondazione, i motivi che hanno portato l’Ente a chiedere una deliberazione che confermi il pieno appoggio all’aumento di capitale, da eseguirsi però a partire dal maggio del 2014. Per dare corpo alla tesi del conflitto di interessi che opporrebbe il socio Fondazione alla società, si è in vario modo, anche nell’appunto reso pubblico dalla Banca, declinato il rischio di “nazionalizzazione”, che deriverebbe dall’ingresso dello Stato nel capitale di Banca MPS.
Dobbiamo mettere in chiaro, anzitutto, che la Fondazione, così come tutti gli azionisti, subirebbe danni irreparabili dalla conversione in azioni dei titoli sottoscritti dal Governo. Mentre la banca, detto per inciso, continuerebbe ad esistere.
La Fondazione ha valutato quindi con grande attenzione questo scenario che, sulla base della normativa vigente, si potrebbe verificare solo su specifica richiesta da parte degli Amministratori della Banca. E gli Amministratori vi sarebbero costretti comunque non prima degli inizi del 2015, verificata la definitiva impossibilità di effettuare l’aumento di capitale o anche prima nell’ipotesi in cui risultasse compromesso l’equilibrio economico della Banca; ipotesi che ad oggi, alla luce delle informazioni rese disponibili al mercato, non sembra essere prevedibile.
La proposta del Consiglio di Amministrazione della Banca non ha oggi alcuna possibilità di essere approvata e, come detto sopra, la Fondazione ha il dovere ineluttabile di votare solo ed esclusivamente la propria proposta di aumento con esecuzione differita di alcuni mesi. Se non passasse la proposta della Fondazione – che in ogni caso rappresenta già una mediazione – si dovrebbe convocare una nuova assemblea straordinaria.
L’Ente, infatti, avrebbe potuto semplicemente limitarsi a votare contro la proposta del Consiglio anziché farsi carico responsabilmente di una proposta alternativa, che tenga ferma comunque l’operazione di aumento del capitale progettata dalla banca. Ribadiamo quindi che se oggi si delibererà l’aumento di capitale, questo potrà avvenire solo secondo la proposta di aumento presentata dalla Fondazione.
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Lasciamo dunque ai soci valutare quale sia il vero interesse della Banca, nell’alternativa che si pone fra l’aumento di capitale nella tempistica che vi proponiamo e il rinvio della decisione ad una nuova eventuale assemblea futura. Confidiamo che la vostra decisione sarà quella più opportuna, che non pregiudica le sorti dell’istituto bancario. L’odierna assemblea non deve rappresentare comunque un punto di arrivo ma, a nostro giudizio, un nuovo punto di partenza, per un cammino che, almeno per quello che ci riguarda, intendiamo riprendere insieme, in lealtà e trasparenza, più forti di prima. La Fondazione non si tirerà indietro e perseguirà con tenacia e solerzia l’implementazione dei propri piani strategici, con il forte auspicio di mantenere comunque un ruolo di azionista rappresentativo all’interno della futura compagine azionaria della Banca – in piena coerenza con la normativa vigente – e con l’obiettivo già indicato di tornare a essere motore di sviluppo di questo territorio. Territorio che è costantemente al centro del nostro operato, che ha fondamentali di valore e a cui formuliamo oggi i migliori auguri per un nuovo rinascimento.
Vi ringraziamo per l’attenzione e chiediamo al Notaio di mettere a verbale il testo integrale dell’intervento che provvediamo a consegnare.